STORIA
La più antica attestazione del complesso faentino risale al 1137, quando in un documento dell’Archivio della Cattedrale venne menzionato Alberto priore della chiesa dell’Ospedale del Santo Sepolcro, nel sobborgo della città di Faenza fuori Porta Ponte, l’attuale Borgo Dubecco. La Commenda sorse occupando una precedente istituzione ospedaliera, e anche l’intitolazione al Santo Sepolcro sottolineava il suo legame con l’universo crociato. Nel 1237 un documento citava l’ospedale come “hospitalis Sepulchri Sanctae Mariae Magdalenae” confermando la successiva dedicazione alla santa. Un documento conservato all’interno della Raccolta Azzurrini della Sezione dell’Archivio di Stato di Faenza, stilato nel 1301, che, ricorda un precettore dell’ospedale appartenente all’Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme, confermandone la pertinenza all’ordine cavalleresco. La Commenda di Faenza è ancora oggi legata a Fra Sabba da Castiglione, una figura di erudito e mecenate rinascimentale talmente imponente che ancora oggi la fama del complesso giovannita è strettamente legata a quella del frate cavaliere. Nel secondo quarto del XVI secolo egli infatti commissionò la ristrutturazione della magione e la fece decorare prima con gli affreschi dell’abside realizzati da Girolamo da Treviso (1533) e poi con la sua memoria funebre dipinta da Francesco Menzocchi (1545).
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
In relazione alla chiesa di Santa Maria Maddalena, la critica è concorde nel ritenere l’edificio attuale databile al XIII secolo, infatti la sua struttura conserva nella sostanza la volumetria originaria. La copertura doveva essere caratterizzata da una volta a botte che probabilmente fu demolita alla fine del Trecento. Al di sopra della navata attuale permangono i resti della volta e delle finestre della chiesa. Queste finestre a tutto sesto nel lato interno erano caratterizzate da un arco ribassato, un’apertura doveva trovarsi anche sulla facciata ma la grande finestra attuale è frutto di un intervento moderno. La facciata della Commenda oggi è caratterizzata da un portale inserito in un protiro abbozzato, anch’esso, come vedremo meglio, frutto di una manomissione seicentesca. Probabilmente nell’edificio romanico originario il protiro, sostenuto da colonnine, doveva precedere l’entrata; la facciata è invece delimitata da due lesene e da un cornicione in cotto e doveva essere decorata con diversi elementi lapidei di cui restano delle tracce. Il bel portico coperto con volta a botte, a sinistra dell’edificio, venne costruito contestualmente alla chiesa come sembrerebbero testimoniare il medesimo cornicione e la lesena. Tale portico si sviluppa su quattro arcate ogivali, di cui tre sono realizzate in pietra calcarea mentre una quarta in mattoni e conci lapidei; è probabile che in epoca medievale avesse la specifica funzione di ricovero per i viandanti, i pellegrini ed i pauperes in genere. Nella parte superiore le arcate del portico sono divise da lesene che, similmente alla facciata, mostrano ancora la presenza di alloggiamento per piatti in ceramica che dovevano decorarle. Come in San Giovanni a Imola, il grande vano al di sopra del portico forse in origine fungeva da ospedale. Alla sua estremità sorge invece il campanile romanico a pianta quadrata con aperture voltate ad arco a tutto sesto, ma gli interventi moderni ed i danni bellici hanno comunque modificato la parte superiore in sostanza ricostruita. A tutt’oggi l’abside della chiesa conserva il suo aspetto duecentesco, nonostante il tamponamento murario eseguito prima degli interventi di Girolamo da Treviso. In tal senso si noti la bifora con colonna e le due monofore con ghiera in cotto e pietra bianca.
LETTURE CONSIGLIATE
S. Stocchi, Sant’Antonino a Piacenza, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.
L. Savelli, Faenza, il Borgo Durbecco, Faenza 1993.
La storia della Commenda di Faenza, a cura di S. Cortesi, S. Saviotti, V. Gamberini, cd-rom, Faenza 2011.